L'antica favola delle ghiande magiche



La nostra storia comincia in un villaggio sperduto tra le montagne più alte, un posto piccolo con abitanti ingegnosi e capaci di meraviglie meccaniche. In questo angolo di mondo si produceva molto e i depositi erano sempre stati pieni di cibo e merci di ogni genere. Oltre a questo, grazie ai prodigi della tecnica, per buona parte del lavoro erano d'aiuto le macchine.
Per molti anni non ci furono carestie, inverni particolarmente rigidi o epidemie. La vita appariva quindi meno faticosa e la brava gente di quel villaggio, dopo tanto impegno, si stava godendo un meritato benessere.

A volte però, un solo incontro sbagliato, può rivelarsi peggiore di qualsiasi accidente della sorte.

Un giorno alle porte del villaggio si presentò un mago, fermò il suo carro e alzandosi in piedi fece cenno alle persone di avvicinarsi. Quando gli furono tutti attorno, egli disse che la prosperità, il cibo e i prodotti dell'artigianato locale, non erano stati creati dal loro impegno, bensì grazie al favore di alcune ghiande magiche. Ne mostrò alcune spostando la manica con un rapido gesto, per poi nasconderle in fretta alla vista dei curiosi che si facevano avanti. Tutti gli abitanti rimasero stupiti e ammaliati, soprattutto perché vivendo così in alto e non avendo mai viaggiato, non avevano mai visto delle ghiande.
Egli parlò del grande potere magico di quei frutti, ma anche del loro valore nella vita reale, con esse potevi comprare cose o mangiare all'osteria. In fine aggiunse "sono anche molto più facili da trasportare delle merci che di solito barattate tra di voi".
Il mago notò che qualcuno tra i più vecchi storceva un po' il naso, allora sorridendo bonario si affrettò a concludere, "non vi preoccupate, io vi aiuterò a trasformare questo villaggio in una città, costruiremo altre case, ci sarà del lavoro per tutti e per fare questo vi darò molte ghiande magiche".

Così inizio una maledizione, che sotto forma di un'allucinazione collettiva, s'impossessò di tutti. Da quel giorno, la vita degli abitanti del villaggio, non fu mai più la stessa.

Le persone cominciarono a utilizzare le ghiande per scambiarsi le merci che prima barattavano. All'inizio erano tutti un po' confusi, ma dopo poco tempo le ghiande diventarono una consuetudine, un sacco di grano valeva trenta ghiande, un litro di latte due.
Il mago di quando in quando tornava al villaggio e tutte le volte egli apriva il suo grande forziere, mostrando la montagna di ghiande che avrebbe elargito. Questa cerimonia aveva davvero qualcosa di magico, dato che suscitava il giubilo di tutti gli astanti. All'inizio erano sorrisi, poi vocii rumorosi, in fine all'apertura del forziere, urla piene di gioia.
Successivamente il mago chiedeva di portare in piazza l'intero ammontare delle ghiande in circolazione, le faceva pesare e sostituiva tutte quelle che erano rotte o andate perdute, con un quantitativo esatto a compensarne il numero iniziale.
Qualcuno provava a chiedere timidamente più ghiande per il villaggio, ma il mago scuoteva la testa dicendo che l'equilibrio delle cose andava rispettato.
Di seguito egli visitava i magazzini del villaggio, faceva caricare sul suo carro molto cibo e merci di vario genere, per poi ripartire sorridente e soddisfatto.

Dato che nel tempo i prelievi del mago si fecero sempre più consistenti, i depositi del villaggio si svuotarono più velocemente del solito. Presto, ci fu  bisogno di altre braccia nei campi. Un'esigua parte della popolazione però, aveva accumulato molte ghiande e sentendosi più ricca degli altri, non andò più a lavorare. I ghiandaioli, così li apostrofavano i loro compaesani per schernirli, sembravano pensare di essere diventati anch'essi dei piccoli maghi in erba. Costoro passavano tutto il tempo nelle loro case, terrorizzati dal fatto che qualcuno potesse rubargli le ghiande accumulate. Uno strano senso di comunanza li faceva sentire uguali tra di loro e diversi dagli altri. Nelle lunghe giornate primaverili, i ghiandaioli annoiati cominciarono a prestare ghiande ai lavoratori in difficoltà, per poi chiederne molte di più indietro. In fine, non contenti, cominciarono addirittura a fare dei segnetti o a dipingere le proprie ghiande con vari colori, attribuendogli un valore diverso da quello comunemente accettato.
Grazie a tutti questi stratagemmi i ghiandaioli iniziarono ad arricchirsi, comprarono vestiti sontuosi e adornarono le loro case di oggetti inutili. Il resto della popolazione intanto, vedendo tutto quello sfarzo, cominciò a sentirsi povera e inadeguata.
Quando le ghiande diverse cominciarono a circolare, si perse il conto di quante e quali fossero le differenze tra i vari valori attributi arbitrariamente a ognuna di esse. Fu il caos generale.

Il mago nel frattempo, era molto indaffarato a convincere anche la gente dei villaggi vicini a introdurre le ghiande magiche, le sue visite quindi si fecero sempre più rade. Tornò al villaggio solo dopo alcuni mesi, si recò all'osteria e quando vide circolare le ghiande diverse, s'infuriò aspramente. Divenne rosso in viso e poi viola, uscì dal locale con passo veloce e salì stizzito sul suo carro. Condusse nervosamente i cavalli al centro della piazza e inciampandosi un paio di volte nel mantello, s'arrampicò sulla parte più alta del suo carro. La gente gli si fece intorno sorridente come al solito, a quel punto una nuvola coprì il sole, egli ne approfittò svelto e alzando il suo bastone al cielo tuonò con voce cavernosa "d'ora in avanti non avrete più ghiande magiche, presto vi sarà impossibile comprare cibo e merci". Detto questo girò il carro e se ne andò, lasciandosi dietro una piccola folla di visi allibiti.
Nel giro di un paio di mesi ci fu il panico generale, le persone stavano chiuse dentro le loro case, qualcuno diventò ladro, le donne si concedevano per qualche ghianda, un ghiandaiolo addirittura, non essendo più in grado di svolgere alcun mestiere ed avendo consumato tutto il suo tesoro, finì per impiccarsi. In generale tutti divennero rancorosi, diffidenti e impauriti.
La cosa strana è che gli abitanti continuavano a lavorare nei campi, allevare bestie e produrre il nutrimento che li avrebbe sfamati. Nessuno di loro però si sarebbe mai azzardato a prendere il cibo dai depositi, non avendo più le ghiande per pagarlo. La fame che non era mai stata una preoccupazione per nessuno, improvvisamente divenne una piaga.


Alla fine gli abitanti si recarono dal mago, il quale era fortunatamente accampato poco fuori dalle mura del villaggio. Con un lamento di cori strazianti chiesero e scongiurarono il perdono e la pietà del loro benefattore, il quale le concesse ma non senza una penitenza. Egli stabilì quindi che per un po' le ghiande e il cibo sarebbero stati razionati, poi congedò tutti tranne i ghiandaioli.
Al tramonto, mentre gli abitanti del villaggio se ne tornavano rasserenati verso le loro case, si udì in lontananza il mago dire ai ghiandaioli "spiegatemi un po' meglio questa cosa delle ghiande colorate".

Negli anni successivi il mago, non potendo essere sempre presente, concesse ai ghiandaioli d'introdurre, in minima parte e ad un valore inferiore, le ghiande colorate o segnate. In cambio essi gli avrebbero pagato una percentuale e vigilato che nessun altro introducesse nel paese ghiande diverse da quelle pattuite.
I ghiandaioli e il mago decisero di comune accordo di aprire un piccolo ufficio in paese, per i prestiti e gli scambi di ghiande. Questo per altro, fu l'unico dei nuovi edifici che venne terminato in quegli anni (e anche molto in fretta).

Il mago morí molto anziano e non sciolse mai la maledizione. In seguito le ghiande si trasformarono in pezzetti di carta o di metallo, più di recente in numerini dentro macchine elettriche. Ancora oggi però, dopo migliaia di anni, nessuno si è ancora accorto che le ghiande sono soltanto ghiande.

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