
The international è un bel film, in certi punti mi ha ricordato quel cinema glorioso alla Gene Hackman pieno di spie e di corse contro il tempo o "I giorni del condor" di Sydney pollack e tutto quel filone che piace solo a certi onnivori come me. L'azione e la suspence si mescolano in un crescendo ben orchestrato e Clive Owen (Sin city, Il figlio degli uomini, The bourne identity...) fa la sua parte, sempre superenergico e con questa recitazione tutta palle che, a mio avviso, risulta così vincente nei film di questo genere.
Per la serie il cinema che informa di più del TG, la vera chicca del film è un dialogo illuminante tra Andrea Barbareschi e i protagonisti, una bella denuncia dei retroscena ipotetici del signoraggio internazionale.
Ve ne riporto un estratto.
N: Ma perchè la banca impiega tanto capitale e tante risorse nella vendita di questi missili?
L: E' un test, le armi leggere sono le uniche usate nel 99% dei conflitti mondiali e nessuno ha la capacità di fabbricarle in modo più veloce e a prezzo migliore della Cina.
Il fine che Scarsen sta perseguendo è quello di fare della ABBC l'unico broker delle armi leggere cinesi vendute nel terzo mondo. I missili sono la transazione di entrata.
C: Si ma, miliardi di dollari investiti solo per fare il broker? Non ci può essere tanto guadagno per loro...
L: Noo, figuriamoci se mirano a guadagnare dalla vendita di armi...mirano al controllo.
N: Controllo del flusso di armi, controllo del conflitto.
L: Noo, no no no no, la ABBC è una banca, il loro obbiettivo non è il controllo del conflitto, è il controllo del debito che il conflitto produce. Vedete, il grande valore di un conflitto, il vero valore, sta nel debito che genera, se controlli il debito, controlli tutto quanto. Voi lo trovate inquietante vero? Ma è questa la vera essenza dell'industria bancaria, fare di tutti noi, sia che siamo nazioni o individui, schiavi del debito.
Taser: To, ciapa lì.
Nota:
Nella locandina c'è un fotomontaggio (pessimo) di Clive Owen e Naomi watts ritratti in una sparatoria all'interno del Guggenheim, ma nel film, in quella scena, lei non è presente.
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