Crinecavallo


Ciao tesoro! Nella giornata di oggi devi far arrivare al signor Sunachi a Tokio un Oloporn che troverai come allegato in questa mail. Controlla che il cliente sia servito a dovere e assicurati che paghi.
Inutile che ti ricordi di non farti tracciare, usa i soliti eyebridge, i tuoi colleghi sono sempre felici di darti una mano, Gea è già stata avvertita. In caso di prossimità di un Dogo, usa uno dei siti d’appoggio scarica momentaneamente i dati, liberati del programma di vigilanza e riparti, la procedura ormai la conosci. Questo è tutto, buon lavoro.

P.S. Ah dimenticavo, per connetterti usa il nuovo software che ti ho mandato l’altro ieri, Crinecavallo, è fammi sapere come funziona.
Saluti, Nag

Che lavoro di merda, pensare che una volta lo facevo per passione. Cazzo tornerei a letto, ho dormito due ore e la scheda monoculare è ancora bollente, ma certo! A farla lavorare venti ore di seguito lei si scalda e io rischio di bruciarmi il cervello. Ma al signor Nag questo non interessa vero? Lui procura i lavori e io li faccio.
Adesso però pausa, mi carico i dati in testa mentre faccio colazione, non riesco a capire come faccia la gente ad andarci sotto con sti oloporn, rispetto a tutte le schifezze che si trovano oggi in rete, sta roba sembra avere cent'anni, va beh, contenti loro...
Ok togliamoci il dente, uno schizzo di dixatropina e un bicchiere di acqua e zucchero, diamo una sbirciata a questo oloporn...visto...quando avevo quattordici anni. Anche se sono abituata, infilarsi questo jack nell'occhio è sempre come leccare un cavo elettrico scoperto, carichiamo questo dannato Crinecavallo, eeeeh si va. Uffici, scantinati, garage, cantine, una lavanderia, è sempre mattina ma sono già a migliaia di chilometri da qui, sotto il mare, lungo i cavi e poi su un’isola, c'è una casa bassa e bianca che riconosco, ulivi. Dalla telecamera sul tetto vedo Gea, sta stendendo il bucato, faccio lampeggiare il led rosso della telecamera due volte, poi tre, mi ha visto! Corre dentro casa, si connette, eccoci assieme, sono il marrone di cacao della brace elettronica nel suo occhio, devo essere veloce, non ho tempo per i saluti, ecco un ponte radio, uno yacht li vicino, poi uno sguardo sul mare dal satellite, perfetto posso triangolare. Ora lo yacht è un puntino sull’acqua, Gea si disconnette, il segnale eyebridge è buono, cazzo sto software è una bomba! Si ma devo stare attenta ai feedback, se mi allontano troppo senza un ponte perderò il segnale. Ritorno giù verso la Terra, il mio filo di violino si allunga sotto il mare, un altro terminale, ecco il naufragio del mondo, un peschereccio arrugginito pieno di fuggiaschi, i reietti delle democrazie globali. C'è un sensore chimico, annuso la puzza: orina, sudore, mare, sale e merda. Ecco una telecamera, butto un occhio, qualche poveraccio per terra è già morto. Pistone che batte, metallo che grida, lamenti, sete. L’occhio verde di una donna zingara incrocia la telecamera, la sta fissando, mi lampeggia con un piccola torcia a led rossa, due volte, poi tre, una esper cazzo! Odio quando fanno così, ora so chi perseguiterà i miei incubi nei prossimi mesi. Ecco il ponte di comando, c'è solo un uomo al timone, ha davanti un portatile, voglio vedere la faccia di sto stronzo. uso la minicamera del portatile. Faccia e anima nere come la pece, brutto ceffo, aria cattiva, molte bottiglie d’acqua e birra vicino. Ha un GPS monoculare, un’anticaglia, di sicuro è connesso per cercare navi della guardia costiera, per questo ho potuto raggiungerlo dal satellite. È lui il mio prossimo ponte ma non me ne vado senza bruciargli l’occhio a questo bastardo, inoltre avviso la guardia costiera.
Altri migliaia di chilometri sul mare e sono di nuovo sulla terra ferma, Shangai, la fratellanza debole dei giovani delle metropoli. Ancora morte, secca, pastiglie, polvere, inalatori e colliri addizionati per protesi monoculari, la nuova droga passa da una mano all’altra, bocche, nasi sfiniti, ancora mani, passaggi dolcissimi e velenosi. Entro dal server di una discoteca, sono nei bagni, facce sfatte quasi come la mia, io sono quello che molti di loro diventeranno tra dieci anni se sono fortunati, sono una freelance, leggera e imprendibile, come il bianco dentro i polmoni, sono il sereno dei cieli elettronici. Trovo un ponte, entro, occhio nero di schermo solare antiradiazioni, biolente di ultima generazione, una ragazza che scopa nel bagno. Discoteche-centri commerciali-hotel-piscina e chi più ne ha più ne metta, il fuori non esiste più, nessuno esce, nessuno guarda nessuno negli occhi, la vita passa attraverso gli eyephone, schermi davanti agli occhi, schermi-telefono, schermi-messaggio, schermi-acquisto, schermi ovunque. La ragazza lascia il bagno, continuo a sbirciare attraverso il suo impianto: debolezza, stanchezza, anoressia, sorrisi spenti, qualcuno la saluta e piange ridendo. Ha quasi finito i soldi gliene metto un po' sul conto, spero di non pentirmene troppo.
Continuo verso il Giappone, az, avevo qualcosa dietro e non me ne sono accorta, qualcosa che morde, vuole password, IP, dati personali, un dogo, mi sono distratta, è ora di correre. Un po' di rimbalzi i giro per il mondo è sono l’occhio azzurro della donna di fianco al capo indiano più valoroso. Entro e scarico i dati, leggero=invisibile, Toro seduto sorride e dice al Dogo dietro di me, "te l’avevo detto, hai distrutto tutto ora cosa ti mangi?” Il cane scappa, un altro programma di sorveglianza messo in fuga.

Giappone finalmente, controllo sulla mappa, ecco l'hotel, la mia ultima destinazione. Sono la sera, il risveglio, il pulsante del divertimento, il programma di intrattenimento, il venerdì. Sono dentro la telecamera del globo laser, sono la luce del karaoke in questa bettola poco fuori Tokio. Vedo le rughe e l’occhio giallo di oppio della vecchia che gestisce questa pensione, è connessa in rete con il multimedia karaoke, sta scaricando i pezzi musicali per i suoi clienti dalla rete. Posso entrare? La porta era aperta nonnina, grazie, sei il mio ultimo eyebridge. Il signor Sunachi è già qui, sta cantando, faccio un controllo veloce: prenotazioni, camera, terminale, fatto. Bevi il tuo sake signor Sunachi, ti aspetto di sopra. Tra poco sarò il sogno che passa nei tuoi contatti neurali, sarò il filo tra il portatile e il tuo impianto monoculare, sarò il piacere prima del sonno. Anche oggi piccolo occhio sul mondo, rete di crinecavallo dietro di me, sinfonia storta di tutte le cose morenti o semivive che ho incontrato e in fine piacere, sogno sintetico. Ora il nostro amico è salito nella sua camera, si mette a letto, accende l’impianto monoculare, lo collega e lei comincia a volteggiargli davanti, fianchi da ballerina aggraziata, promessa d'amore, il signor Sunachi è già partito: bava agli angoli della bocca, qualche scintilla, soliti cali di tensione, maledetti impianti di merda, di sotto cantano ancora. Il tuo terminale è più vecchio e stanco di te signor Sunachi, guardati li, sdraiato nel letto, con la tua piccola medusa di fili in faccia, piccolo brivido e solletico corticale, anche tu nel mio filo di Crinecavallo, il cerchio sta per chiudersi. È tempo di sogni elettronici è tempo di eros, tutto rallenta e tu esisti qui ed ora, a centinaia di migliaia di chilometri da me, ignaro della mia noia, mentre ti tocchi sdraiato e sudato sopra questo piumone ingiallito. Hai pagato per un giro di danza olografica e lei è li, sulla tua pancia, nella tua testa. Poi tutto finisce di colpo, lei riappare vestita, si inchina, ti guarda col suo piccolo occhio elettronico e fucsia e ti chiede « adesso vorresti far sesso con me?». Controllo che il bonifico sia arrivato, il mio occhio, il suo, il tuo, divertitevi, io stacco.

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