Il cervello e la memoria.

La memoria costa, la memoria si paga. Quanta più ne possono contenere gli oggetti tecnologici, tanto più valgono. Delegare la memoria ad alcuni oggetti e il calcolo ad altri serve a costruire un nuovo strato sociale di demenza consumistica. I nomi, i numeri di telefono, gli appuntamenti, le date, le feste e le ricorrenze. E' tutto dentro l'oggetto mnemonico.
L'intelligenza sposta il suo asse, oggi è intelligente chi dialoga bene con gli oggetti tecnologici, chi li interpreta meglio, chi sa leggerci dentro (intus + legere, intelletto). Però qualcosa non va, già in età relativamente giovane cominciamo a scrivere peggio, non sappiamo più fare calcoli e la memoria fa cilecca.
L'oggetto mnemonico si è spostato fuori dal cervello ed oggi è uscito anche dal computer.
Le semidivinità ingegneristiche pensavano che il popolo fosse interessato ad interpretare ed accudire i computer, fosse cioè contento di diventare come loro. La verità è che la maggior parte dei vecchi che sovra affolla il mondo si confonde davanti a un robot multifunzione da cucina. La produzione industriale però deve rimanere il più possibile invariata, riconfigurare completamente gli impianti di produzione sarebbe un costo. Il prodotto tecnologico usa e getta è il futuro, ma bisogna che sia stupido, stupido nella sua funzione e pensato per gli stupidi. Così piuttosto che erudire tecnologicamente i vecchi, conviene cominciare a rincoglionire i giovani. Si sta cioè cercando di preparare la prossima generazione di vecchi rincoglioniti. Questa è quindi la ragione per cui è necessario un oggetto tecnologico dedicato per ogni funzione. Più oggetti, più soldi spesi, più consumo e via così fino al collasso energetico. Il capitalismo globale farà al pianeta quello che nessuna guerra o dittatura è mai riuscita a fare.

A volte anche un amico che ci parla passa per una persona noiosa. Siamo talmente abituati a subire informazioni inutili che chi ci parla per ragionare con noi ci sembra un venditore di se stesso. Ci annoia, chi vuole costringerci al dialogo. La televisione la spengo quando voglio, la gente no. Dal dialogo, dal confronto, potremmo capire noi stessi e uscirne delusi. O scoprire di aver torto e sentirci perdenti. Per chi la sente come una sconfitta, quella del dialogo è quasi sempre una sconfitta pubblica (quantomeno bisogna essere in due). Cominciamo a preferire muoverci online, in campi dove la sconfitta è un po' più anonima, solo lì troviamo i nostri simili. Piccoli, medi e grandi tecnici che si sfruttano l'un l'altro, si fingono interessati. Carpiscono informazioni, per poter amministrare meglio la macchina custode della loro memoria e dei loro dati, che giacciono inerti.
Timing, appuntamenti, scadenze, dormire qualche ora per ricaricarsi. Il cervello della gente comincia ad assomigliare a quello degli oggetti tecnologici.
Ma tra gli uomini, le differenze e l'identità sono date dal fatto che ogni cervello amministra i propri ricordi secondo delle singolarità casuali e personalissime. Grazie a questo le domande che scaturiscono da ogni singolo cervello vengono interpretate in maniera unica e generano dialogo. Confronti inaspettati tra gli individui. "Il caos è grande, è il caos che ha distrutto i dinosauri." Sbattendo gli uni contro gli altri e discutendo, anche con animo, ci si forma, si cambia e si diventa migliori (o peggiori). Comunque si procede.
I cervelli elettronici immagazzinano e amministrano tutto allo stesso modo, ma la cosa peggiore è che dialogano tutti allo stesso modo. Così che l'errore fatto da uno diventa inevitabilmente l'errore che faranno tutti.
Recentemente i cervelli elettronici hanno cominciato ad ammalarsi tutti allo stesso modo e la loro malattia è un business. Non si capisce più se l'infezione sia curabile o se la cura sia il metodo migliore per stabilire quale sia la prossima infezione da studiare per poter immettere poi la cura succesiva sul mercato.
Questo modo di gestire il business delle malattie vi ricorda qualcosa? a me si.

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