L'evoluzione del linguaggio nel turbocapitalismo


La dislocazione della memoria del sapere dall'organico all'inorganico, è un fenomeno presente sin da quando l'uomo ha avuto capacità tecniche sufficienti a fissare i dati su supporti di qualsiasi genere.
La tradizione orale muore quando si arriva a registrare il sapere in supporti diversi dal cervello.
La stampa genera un sapere che si rende immortale attraverso il numero elevato di supporti deteriorabili e la ristampa degli stessi.
Il sapere emancipa i poveri, perfino dio teme il sapere degli uomini, perché attraverso questo essi si emancipano dalle potenze soggioganti.
Gli Dei di diverse tradizioni puniscono nel peggiore dei modi la ricerca di conoscenza. Essi mettono cioè in guardia l'uomo dalla vicinanza alla luce, intesa come sapere. Il peggiore e più rinnegato di tutti gli angeli della cristianità si chiama Lucifero (da lucis e feros, portatore di luce).
Imitando il modo in cui l'individuo muore per continuare a veicolare il seme che lo genera, abbiamo prodotto oggetti che muoiono ma contengono un sapere che sopravvive a loro.
A questo aspira la rete, è questo che vuole diventare, uno spazio che non muore, che non si deteriora, perché non è fisico. I computer con i loro hard disk non sono altro che veicoli sacrificabili, proprio come gli uomini.
Il sapere si veicola attraverso oggetti che sono destinati a scomparire, ma sopravvive in uno spazio virtuale, cioè immortale. Come gli esseri umani sono le unità di backup del seme, gli hard disk sono le unità di backup dei dati che veicolano il sapere odierno. Lo spostamento continuo del codice sia, esso binario o genetico, garantisce la sua immortalità.

Prima la voce come veicolo del sapere, quando gli hard disk erano i cervelli.
Poi con il segno che diventa simbolo e infine con la parola, si ha una prima dislocazione del sapere su un supporto non organico. Roccia, legno, carta etc. I supporti si evolveranno per diventare sempre più performanti. Dal contenitore che immagazzina soltanto, si passerà poi a un sistema che svolge funzioni ulteriori e sempre più complessse. In fine il supporto non sarà altro che la parte di una macchina capace di linguaggi e ragionamenti propri.

Nell'ambito del linguaggio umano, partendo dai simboli sappiamo che all'interno di essi possono essere contenuti più significati che generano molteplici letture. I segni del sapere passato si rinnovano nel presente, attraverso gli utilizzi nuovi di vecchi simboli. Finché un codice rimane valido per gli utilizzi preposti, continuerà ad essere usato. I linguaggi però invecchiano e, se esposti a mal uso, peggiorano e si deteriorano come qualsiasi altra cosa.
Il segno grafico di ogni simbolo rappresenta l'evoluzione della memoria contenuta nello stesso. Spesso però dimentichiamo che il suono che si produce con la bocca per ripeterlo è il canale di trasmissione della memoria nel presente (etimologia).
Durante la storia si può cambiare il significato di una parola, peggiorarlo fino a stravolgerne completamente il significato. Le parole muoiono perché la modernità non le necessità più, o perché servono una realtà che le degrada, fino alle loro connotazioni più superficiali o ideologiche.

I simboli contenuti nella tradizione pittorica rupestre, insieme ai suoni, costituiscono un sistema ibrido, in parte organico (voce) in parte inorganico (supporto) che determina, tra le altre cose, l'inizio della tradizione dell'insegnamento orale. Attraverso i segni e la voce, si realizza il racconto, i vecchi insegnano ai giovani come comportarsi nelle varie situazioni che potrebbero dover affrontare.
Con il tempo si forma un alfabeto di simboli che determina a sua volta una realtà nuova e viva, le parole e poi il linguaggio.
Le prime forme di rappresentazione artistica si genereranno da questo sistema di comunicazione. Nella tradizione orale, l'essere umano rimarrà comunque per moltissimo tempo, la componente imprescindibile. In ambito artistico, l'interpretazione di questi linguaggi da parte del singolo, determina un talento individuale, l'arricchimento degli stessi e talvolta, attraverso il riconoscimento degli altri, il successo personale.


Attraverso gli oggetti che contengono il sapere, il primo grande sbilanciamento avviene con il libro. Il veicolo del apere comincia ad incamerare dentro di se la memoria in maniera esclusiva. Nelle scuole, dopo i libri, la conoscenza tramandata non sarà più discorso o racconto ma lezione imparata a memoria, interrogazione.
La memoria comincerà ad solidificarsi, trasformandosi cioè in qualcosa di più longevo ma freddo, inorganico.
Il prezzo dell'immortalità è questo irrigidimento, quindi il sapere, da cosa fluida e discorsiva incomincia ad cristallizzarsi.
Da qui in poi la realtà inizia addirittura, un po' alla volta, a modificarsi in base alle esigenze dei contenitori del sapere.
Gli oggetti artigianali come il telaio ad esempio, che nella sua matrice memorizza un disegno, produrranno modificazioni nella produzione tessile.
Gli oggetti meccanici più complessi faranno la stessa cosa. Fino ad avere allo sbilanciamento più consistente, quello che avverrà con gli oggetti da calcolo, i quali, nella loro versione piú moderna, finiranno per incorporare oltreché parte della memoria, anche la nostra capacità di ragionamento.


Nel mondo turbocapitalistico il contenitore di memoria con funzioni da calcolatore evoluto, tende a diventare anche lo strumento unico della creatività, dell'insegnamento, della musica e di molte altre discipline, fino al punto che chiunque non lo utilizzi, viene considerato stupido e antiquato.


Gli smartphone in quanto evoluzione ulteriore dei computer e mediatori della realtà, determinano la morte definitiva del linguaggio e della comunicazione emozionale, quella dove si imparano a decifrare le facce i corpi degli altri. I contenitori del sapere nella modernità determinano la morte definitiva del linguaggio più importante, quello del corpo.
l'oggetto tecnologico non è più solo custode di memoria, tiene in pugno la comunicazione stessa, la genera e la modifica, oggi vengono creati linguaggi appositi per parlare con esso, o per aiutare le macchine a parlare tra di loro, linguaggi sconosciuti alla maggior parte degli uomini ma funzionali alle macchine stesse.


Il tecnico che è dentro ognuno di noi, nello sforzo continuo di interpretare la macchina finisce per sottoutilizzare il proprio linguaggio nativo. Come risultato, la macchina, che dialoga appieno con le altre macchine risulta più performante del tecnico nella comunicazione.

Anche se apparentemente ogni schermo è amichevole (friendly user) Non è più l'oggetto ad adattarsi alle nostre capacità comunicative, siamo noi a doverci erudire rispetto alle sue.
La macchina ipermoderna, dati i suoi standard così alti di funzionamento, esige dei codici propri, il computer diventa contenitore e fruitore di linguaggi che necessitano noi come discepoli, tecnici e custodi.
Se l'intelligenza umana si riduce a capacità di memorizzazione, velocità di calcolo e probabilità di profitto, dobbiamo necessariamente considerare che le macchine sono più intelligenti di noi.
Il contenitore di memoria più moderno è un oggetto integrato, sempre più vicino al corpo. Esso permette svariate attività ma la piú importante è sempre la l'acquisto. Grazie agli smartphone tutto è raggiungibile con un click ovunque vi troviate.

Man mano che le "x" per chiudere le finestre inopportune si fanno sempre più piccole, la compravendita (anche semi-accidentale) diventa una scelta quasi inevitabile.

Un tempo il contenitore di sapere e memoria era un oggetto molto diverso, generatore si, di spazi altri, ma creati comunque nel mondo reale (le biblioteche, le librerie, etc.). Spazi cioè architettonici, ma abitabili, che vedevano l'uomo sempre al centro del tutto. Inoltre i contenitori stessi del sapere erano limitatamente contaminati dalla mercificazione.
Con i nuovi oggetti si comunica sempre attraverso intermediari commercialmente agguerriti, i quali si intromettono nel canale continuamente e con pochissime regole. Queste ultime peraltro, sono facilmente aggirabili. Oltre a questo sono state scoperte diverse pratiche occulte, come carpire pezzi di comunicazione o di vita privata degli utenti per convincere o stimolare i comportamenti delle masse all'acquisto  (o più di recente al voto).
Questa pratica è talmente scorretta da essere al vaglio degli inquirenti preposti in diversi paesi.

I supporti cosiddetti semplici del sapere, catturavano l'attenzione e ne spostavano temporaneamente l'asse, dal mondo reale a quello immateriale del ragionamento e della comprensione.
Ecco un esempio pratico, si leggono libri e grazie a questi si impara a costruire ponti, poi ci si allontana, si  sperimenta il sapere fin lì accumulato, nella realtà. Mentre si costruisce l'opera avvengono intoppi e si risolvono come problemi reali nel mondo reale. Alla fine c'è un ponte nuovo, grazie al sapere e al genio umano la realtà è migliorata. In seguito si torna a modificare i libri arricchendoli dell'esperienza nuova.
Questa oscillazione dal mondo reale a quello immateriale del sapere simulato, fino ad un certo punto della storia umana ha visto una maggiore partecipazione umana.


L'errore è pensare che siano solo gli oggetti e il loro mondo a dover migliorare, mentre dovrebbero essere il nostro essere civili ed il linguaggio a tornare ad evolvere, a tornare cioè ad essere parlato da esseri umani che interagiscono fisicamente tra di loro.
Il mondo reale inoltre, dovrebbe tornare ad essere a misura di uomo e non di macchina.
Oggi l'enciclopedia Treccani inserisce capitoli sul linguaggio da smartphone o coniato dai giovani in ambito chat, la modificazione del linguaggio in forme peggiorative viene considerata come una cosa inevitabile dal punto di vista evolutivo.
Ma lo è?

Su una nave allo sbaraglio non esiste più senso dell'orientamento rispetto al futuro, nessun valore comune.
La realtà è quello che ci capita nei mondi prima artificiali poi virtuali da noi stessi creati.
L'unica legge che vige in questa religione è il profitto, l'unico oggetto di culto è il denaro (per la gente comune) e il debito o il potere per chi controlla davvero il gioco.

I colori iperrealistici prodotti prima dall'industria del divertimento elettronico, continuano a rappresentare una realtà migliore della nostra, ma finta, se cediamo alla tentazione di viverci tutti dentro, chi si occuperà di migliorare il mondo reale?

La realtà di cui non ci occupiamo più, è oggi talmente peggiorata che noi la modifichiamo per essere più adatta e quindi più simile a quei mondi finti in cui siamo rimasti imprigionati.

Il mondo finto è comunque esistente e in qualche modo simula il nostro vecchio mondo. Le Fabbriche e le case vicino ad esse, i luoghi di smercio e intrattenimento dove spendere gli stessi soldi guadagnati per rimetterli nelle tasche di chi li aveva elargiti. Guardare tutto il giorno uno smartphone non è che una evoluzione ulteriore e più astringente di quella vecchia realtà.

Non importa se sintetica o virtuale, qualsiasi realtà che non è più a misura d'uomo è comunque inaccettabile.

Il futuro non sarà mai reale
Se i paesi del terzo mondo dovessero riempirsi di cavi in fibra ottica prima che di fognature o scuole, i loro abitanti salterebbero le architetture dedicate del capitalismo, per finire direttamente a quelli virtuali del turbocapitalismo. Le popolazioni di questi paesi potrebbero cioè continuare a morire di fame ma ordinando merce su Amazon.
A un certo punto della storia, quando la produttività e il profitto, per l'importanza da noi arbitrariamente attribuitagli, hanno sostituito la creatività e il genio, è cominciata l'era dei linguaggi tecnici, l'evoluzione degli oggetti invece che dei linguaggi in essi contenuti. Oggi abbiamo creato linguaggi più utili alle macchine che a noi, inoltre da diverso tempo stiamo migliorando i loro habitat invece che i nostri.
Il peggio è che tutto questo ci sembra inevitabile.

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