Mini corso di autostima per aspiranti dirigenti aziendali.



Il torturatore (inteso come datore di lavoro) e lo spettatore anaffettivo (inteso come collega) sono i peggiori mostri che potrai mai incontrare, peggiori anche dell'assassino esperto che è sicuramente più misericordioso.
La ghigliottina e il leone, tranciano sempre prima di tutto i centri del dolore, uccidono in maniera veloce, sportiva e non umiliano. Non procurano o prolungano sofferenze inutili con supplizi come l'accanimento terapeutico o una vita passata a svolgere un lavoro talmente umiliante, da rendere la vita stessa indegna di essere vissuta.
Il torturatore storico era un sacerdote con più vocazione, era contro la morte (intesa come fine del rapporto di sfruttamento del corpo dell'altro) ma oggi la penuria di corpi non è più un problema, quindi anche la fede viene meno.
Il rapporto di simbiosi patologica tra torturatore e vittima masochista (il servo volontario) è incentrato sul potere abusato e subito. Il torturatore è spesso la persona più timida e insicura al mondo, ma ha potere. Gli basta una smorfia della vittima che assomigli a un sorriso, o un commento che sembri anche solo lontanamente beffardo, gli è sufficiente fraintendere una singola frase, per trasformarsi istantaneamente in assassino inesperto (inteso come licenziatore di corpi).
Il datore di lavoro è erotizzato dallo sfruttamento dei corpi altrui e dall'esercizio più puerile del potere, quello del bambino solo e pieno di giocattoli che t'invitava a casa sua per poi dirti "fai come dico io o te ne vai". Ancora oggi egli s'infuria se all'interno di quel perimetro che egli considera la sua stanzetta dei giochi, uno dei suoi dipendenti fa qualcosa di diverso da quello che egli ritiene essere lavoro. Crede cioè che durante l'orario lavorativo, i corpi degli altri siano di sua proprietà, ne è geloso, misura con il cronometro le pause caffè o i tempi di permanenza nei bagni, in alcuni casi si può addirittura assistere al teatrino stomachevole dei servi senza vergogna che cronometrano al suo posto, per poi andare a riferirglielo.
Egli non vive dentro la dimensione umana, ogni volta che gli si parla di politica, attualità o arte, risponde che ha troppo lavoro e non ha tempo, ma in realtà maschera la sua incapacità di avere normali relazioni sociali. Le macchine di grossa cilindrata, gli orologi costosissimi e tutto il resto, non sono altro che un'armatura fatta di fumo, la maschera complessa della sua inabilità a vivere nella dimensione umana.
Egli in quanto sacerdote, è attratto dalla ricompensa finale che deriva dallo sfruttamento dei corpi. Il denaro è il vero totem, l'oggetto caricato di significati falsi ed arbitrari, è il crocifisso del capitalista, perché genera sottomissione e costituisce il vero tramite tra i due mondi: quello tra la gente comune e i cosiddetti ricchi. È questo il primo e più assoluto segno di riconoscimento e prestigio che la società umana conferisce per il possedimento e lo sfruttamento del corpi altrui.

Cosa succederebbe a questi sacerdoti, se grazie all'avanzamento tecnologico che dal medioevo ad oggi dev'essere necessariamente avvenuto, si riducesse notevolmente l'orario di lavoro? Cosa succederebbe se l'importanza che si conferisce al concetto di lavoro e al denaro si riducessero drasticamente?

Cosa succederebbe se nella ricerca spasmodica di generare altro profitto, il capitale cominciasse a divorare se stesso, concedendo anche ai poveracci, scappatoie fiscali e smaterializzazioni aziendali e monetarie attraverso i meandri del web?

Sembrava avere senso il 15 settembre 2016

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