L'imprevisto

Riflessione sulla religione, le gerarchie tra enti e il concetto di stupidità

Le domande mi sono sempre piaciute molto di più delle risposte, perché sono come piante selvatiche pronte a dare frutti succosi: le opinioni. Scopo delle opinioni è quello di essere condivise sul tavolo del dialogo, perché se rimangono li, finiscono per marcire. La condizione di partenza è che il terreno venga ben concimato, il concime migliore per le opinioni è il dubbio. I dubbi inizialmente sembrano una cosa brutta, ma col tempo, si finisce spesso per ringraziare chi o cosa ce li aveva fatti venire.

La parola "stupido", nella sua matrice etimologica evidenzia uno stupore ingiustificato di fronte alle cose del mondo. Dobbiamo ammettere però, che "dietro a ogni stupido c'è un villaggio" (che lo considera tale appunto). Da qui, diventa anche logico sostenere che se in quel villaggio ipotetico fossero tutti stupidi, nessuno verrebbe giudicato stupido. Quindi, ci si potrebbe forse azzardare a sostenere che se in quel villaggio nascesse una persona con un'inclinazione alla curiosità verso il sapere (o all'intelligenza in genere) crescendo, questa sarebbe probabilmente considerata da tutti una persona dapprima buffa, poi strana, magari tediosa e in fine odiosa. Penso che la società odierna sia fatta di tante microsocialità che assomigliano molto a a quel villaggio.

La premessa rimane comunque che le microsocialità, quando rappresentano un'identità culturale fluida e mutevole, sono sempre positive. Non lo sono, quando rappresentano un'ostinata tendenza conservatrice ad ignorare le possibilità di cambiamento. In questi casi inoltre, il resto del mondo rimane privato della possibilità di essere culturalmente più ricco grazie al contributo delle microsocialità stesse. Il paradosso reale, consiste nel fatto che una società che non abbia le capacità di riconoscere le opzioni di migliorarsi attraverso il progresso sociale, è destinata al fallire; ma tristemente, la gente che la abita, è spesso convinta del contrario.

Da qualche parte nell'universo, un ente inferiore si arrampica e pigia un bottone, un attimo dopo davanti a lui compare un frutto, egli si gira poi verso la sua compagna di cella e gli comunica a gesti questo messaggio: "Visto è facile!" Lei sorride, lui capisce subito male e si accoppiano felici e stupiti della semplicità del creato. A forza di sorrisetti fraintesi, la comunità cresce, ma succede che ogni tanto nella gabbia, nasca un ente che ha una sensibilità diversa dagli altri. Costui avverte una certa mancanza di libertà, quindi la comunica con insistenza agli altri, ma le risposte che gli danno i suoi simili sono sempre le stesse, che "non si può mica avere tutto!" e che "dio è già molto generoso ad aver concesso tutto quel benessere". Inoltre fanno notare all'ente, che quando era piccolo era buffo e strano, poi è diventato tedioso, ed oggi è solo più un essere odioso!.
Nel frattempo un ente superiore che è in una stanza segreta, prende appunti e osserva tutto sorridendo. Egli è fiero del fatto di non dover pigiare bottoni per mangiare, grazie alla sua tecnica ha costruito una macchina che lo fa al posto suo, inoltre l'ente superiore si sente libero perché sta fuori dalla gabbia.

L'ente superiore, si reca tutti i giorni nella stanza segreta, studia gli enti inferiori e prende appunti. Alla fine del mese, egli viene remunerato da un altro ente che gli è superiore. Poi torna nella sua casa, che è una abitazione meravigliosa e piena di comfort, anche se ultimamente i muri cominciano un po' ad opprimerlo. Egli mangia, poi si siede a guardare un oggetto che trasmette immagini colorate di altri enti suoi simili tra cui alcune femmine seminude, a quel punto gli sorge il pensiero che si, egli si accoppierebbe anche, ma a parte il fatto che è un unità egocentrica, individualista e indivisibile, gli avanza poco tempo libero, è troppo stanco e - cosa più importante di tutte - è pigro. Finisce quindi per masturbarsi davanti all'oggetto che trasmette le immagini colorate, per poi andare a dormire.
La mattina il nostro ente è costretto a fare i conti con uno dei pochi imprevisti della sua vita perfetta, egli deve andare dal fruttivendolo a comprare la frutta per gli enti inferiori. Questo succede, perché la sua tecnica superiore ha concepito molte macchine che fanno di tutto, ma nessuna di queste che vada ancora a comprare la frutta al suo posto.
Egli però, in cuor suo sa bene perché non ha ancora inventato quella macchina, la commessa del fruttivendolo lo guarda sempre con un sorriso ebete che lui non riesce ad interpretare, sa solo che uscito di li si sente stupido, stupido e felice, tutte le mattine.

finito di scrivere il 17 novembre 2013
dedicato a Douglas Adams.

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