Volevo essere un negro e volevo volare tra i pali
Un gesto delicato della mano dietro un vetro, ci si saluta ricordando agli occhi il tocco, la carezza. Intanto nella casa che lasciamo, quattro granelli di polvere rotolano nell'ultima brezza di primavera. Tracce di noi, che segnano i nostri passi. Capelli e minuscoli pezzi di pelle che muoiono, ma continuano vivere nelle scie odorose dei ricordi di noi, che gli altri cercheranno di tenere vivi. Ci sono segnali di memoria che solo pochi sono in grado di riconoscere nel dopo, ci vuole anima per leggerli. Capire quanto tutto questo sia sano, significherebbe avere il talento di vivere, invece che lasciarsi (tra) passare senza troppo disturbo.
Mentre dentro, il cuore del nostro piccolo protagonista è una tempesta di fiamme, odio, rabbia e immensa tristezza, come quella che non ti abbandona per giorni, ed hai quasi voglia di lasciarti morire nel letto; egli deve ricominciare a vivere.
La lente degli artisti mostra nuove prospettive, un cavallo ti guarda dall'alto come uno strano mostro con buchi enormi e neri fatti di occhi e narici. Una protesta studentesca negli anni settanta, i mondiali di calcio, il Brasile.
Alcuni registi sono finissimi ricercatori di verità nascoste e suggeritori di visioni preziose, maestri nel rappresentare il vero, il personale e la Storia.
I sipari comunque ci sono e non conviene andare al cinema, se hai poca pazienza e già sonno alle quattro di pomeriggio.
La poesia bisogna meritarsela.
"Finalmente capii cosa volevo...
Volevo essere un negro e volevo volare tra i pali".
...un bel film
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